Il microbo è nulla, il terreno è tutto


Abbattere gli ulivi attaccati dalla xylella fastidiosa è un atto non solo inutile ma anche dannoso per l’intero nostro ecosistema. Per comprendere bene la gravità e l’inutilità dell’abbattimento in massa che si vorrebbe compiere, dobbiamo rapportarci alla frase pronunciata sul letto di morte da Louis Pasteur.

Ricordiamo, per chi è meno addentro, che L. Pasteur è stato colui che ha scoperto l’importanza dei microbi in natura, dedicando tutta la sua vita a rilevare la corrispondenza microbo-malattia (o sua attività non necessariamente patologica).
In altri termini, da Lui inizia a prendere corpo la forma mentis che oggi ci ritroviamo diffusamente nella nostra società, che pone al centro il microbo come unica causa del problema e sminuendo o addirittura dando nessuna importanza a tutto il resto. Ebbene, già lo stesso Pasteur, negli ultimi anni della sua vita, si rese conto di quale atteggiamento aberrante aveva portato tutta la comunità scientifica, puntando l’attenzione solo sul microbo e tralasciando del tutto le altre condizioni necessarie al suo sviluppo, a cominciare dalle caratteristiche del substrato (o terreno che dir si voglia).
Giunto a tale consapevolezza, cercò di equilibrare questa errata interpretazione, che ben si prestava a tutto ciò che è avvenuto nel secolo successivo, riconoscendo la correttezza del pensiero dello scienziato Claud Bernard che pronunciò la famosa frase: “il microbo è nulla, il terreno è tutto”. Non occorre essere degli scienziati per capire che la cosa più importante per lo sviluppo di un microrganismo è la condizione e le caratteristiche del substrato (terreno). Detto diversamente, possiamo affermare con certezza che su un determinato sito ci possono essere tutti i microbi del mondo, ma se mancano le condizioni necessarie allo sviluppo o anche sono presenti condizioni che ne impediscono la moltiplicazione di quei microbi, non ci sarà mai nessuna possibilità di proliferazione. Questa visione è l’approccio corretto con cui avvicinarsi alla natura per cercare di trovare delle soluzioni reali e non pretestuose.
Chiarito questo, è il caso di riportare anche un altro fenomeno per cui a volte non ne comprendiamo le cause: allorquando osserviamo un qual si voglia “picco di sviluppo” di un essere vivente a scapito degli altri significa che siamo in una situazione di squilibrio e questo si verifica ogni qual volta la natura viene deviata dal suo normale decorso. Per comprendere bene quello che si sta dicendo pensiamo, per un attimo, ad un ecosistema equilibrato: in tale contesto TUTTI gli esseri viventi sono presenti (ecosistema complesso), ma nessuno prevale sugli altri, ovvero, sono assenti i “picchi di sviluppo”. È facile accorgersi quando è presente un picco di sviluppo, perché, in questo caso, il sovrannumero di quegli esseri viventi genera subito una patologia importante a carico di altri esseri viventi. Non è casuale l’ espressione “essere vivente” ove per tale ci riferiamo dai microbi, agli insetti, agli animali, alle piante, etc., fino all’ uomo. Un esempio concreto ci può aiutare ad apprendere: è noto che lo sviluppo degli afidi ( pidocchi delle piante ) è un problema ricorrente per gli agricoltori. Chi controlla lo sviluppo degli afidi sono le famose coccinelle.
È ormai assodato che negli ecosistemi ancora integri e complessi gli afidi, pur essendo presenti, non raggiungono la famosa “soglia di danno”, mentre nella situazione di ecosistema sbilanciato (ecosistema definito semplice) in un batter d’ occhio la popolazione degli afidi assume un picco di sviluppo determinando la patologia. A ciò si somma la situazione fisiologica in cui si trova la pianta ( in questo caso la pianta rappresenta il substrato o il terreno a cui si riferiva Pasteur) ; difatti è dimostrato come maggiori apporti di fertilizzanti azotati, moltiplicano esponenzialmente la crescita degli afidi. L’esempio riportato fa comprendere a tutti ( addetti e meno addetti ) una legge che vige in natura: “Un qualsiasi essere vivente ha senso per la natura stessa, e un suo picco di sviluppo assume un preciso significato”. Nel caso di specie, l’essere vivente xylella fastidiosa sta formando picchi di sviluppo; man mano che si insiste nella direzione in cui il nostro ecosistema diventa sempre più semplice (minore biodiversità ) diventa sempre più frequente la comparsa di picchi di sviluppo. L’uso ripetuto di diserbati, ad esempio, non fa altro che semplificare il nostro ecosistema, in quanto, distruggendo una gran mole di esseri viventi ( non solo piante ma anche flora e fauna ) giunge a ritrovarsi con un ecosistema costituito addirittura da un unico essere vivente ( l’ ulivo ) su un terreno ormai sterile. Non dimentichiamoci che il terreno ( nostra Madre Terra ) è la casa di tutti gli esseri viventi ( dai microrganismi, ai vermi, ai lombrichi, tutta la flora e la fauna, etc. ) ed è grazie alla loro esistenza che ogni sostanza organica ( sia essa di natura animale o vegetale ) è trasformata in humus ( unico vero alimento per le piante ) .
L’ homo tecnologicus, non curandosi di tanta magnificenza, è giunto al punto di credere di poter superare tutto questo con i vari espedienti che l’era moderna ha posto a sua disposizione :
a) Fertilizzanti per nutrire le piante quanto, quando e come dico io;
b) Diserbanti per eliminare tutto il resto delle piante, lasciando solo quella di mio interesse;
c) Pesticidi per controllare chiunque volesse azzardare un minimo attacco alle mie piante;
d) Etc., etc …

Obbiettivo, secondo questa visione di fare agricoltura, è l’ottenimento di un terreno su cui cresce un unico essere vivente ( la nostra pianta di interesse agrario ) . Altro che ecosistema, qua non c’è proprio nulla di eco e manco di sistema, ma un unico essere vivente, il quale può continuare la sua esistenza solo se lo si immagina sotto una campana di vetro. È come se ci ritroviamo in coma e può continuare la nostra “vita” solo se dall’ esterno continuano ad assisterci in tutto e per tutto.
A questo punto, chiunque ( scienziati, politici, commissari, agricoltori, legislatori, etc. ), può prendere coscienza di cosa sta succedendo, e quindi sarà il caso di trovare soluzioni che viaggiano verso un modo serio di fare agricoltura che è quello di riportare l’ ecosistema ad una sua naturale complessità, unica vera via d’ uscita dalla forte aberrazione in cui oggi si è cacciato l’uomo.
La proposta di abbattere tutti gli ulivi in una fascia dall’ Adriatico allo Ionio, alla luce di quanto esposto, è solo un palliativo inconcludente, devastante e pretestuoso contro ogni logica di ecosistema. Si propone di iniziare subito con :
a) sospensione ( proibizione ) dell’ uso di diserbanti, anzi di seminare una moltitudine di essenze vegetali (miscugli complessi di leguminose, cereali, etc., al fine di creare quanta più biodiversità possibile)
b) Mantenimento del cotico erboso per tutto l’ anno, senza mai arare il terreno, al limite solo lo sfalcio, per favorire la moltiplicazione di flora e fauna, quindi per andare nella direzione di rendere quanto più possibile complesso l’ ecosistema